Il carciofo (Cynara cardunculus var. scolymus) ha una storia antichissima, con radici che affondano nella cultura mediterranea. Il suo nome sembra derivare dall’arabo "al-kharshuf", adattato successivamente nelle lingue romanze.
Tuttavia, alcuni storici fanno risalire l’etimologia al latino "cynara", che si riferisce a un’antica leggenda greca legata a una ninfa trasformata in carciofo da Zeus.
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                  La coltivazione del carciofo nella Piana del Sele ha origini che risalgono almeno al periodo romano, quando questa pianta era apprezzata sia per le sue proprietà medicinali che per il gusto raffinato
Era considerato una prelibatezza e veniva consumato con aceto, miele e spezie.
Durante il Medioevo, il carciofo divenne un elemento chiave nelle colture locali grazie agli scambi commerciali con il mondo arabo e, successivamente, alla valorizzazione agricola avvenuta in epoca borbonica.
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                  Nel Rinascimento divenne un alimento di lusso sulle tavole nobiliari, mentre nel Novecento si consolidò come elemento fondamentale della cucina contadina locale
Oltre all’uso alimentare, il carciofo veniva impiegato per scopi medicinali, grazie alle sue proprietà digestive e depurative. Oggi è celebrato in numerose sagre e festival gastronomici della Piana del Sele e continua a essere un simbolo della tradizione agricola campana.
 
Il carciofo della Piana del Sele e di Paestum rappresenta non solo un prodotto di eccellenza ma anche un patrimonio storico e culturale che merita di essere valorizzato.
Grazie alle pratiche di agricoltura sostenibile, come quella di Progetto Meristema, e alla riscoperta delle varietà antiche tramite micropropagazione, questa tradizione può continuare a prosperare e a deliziare le future generazioni.
            
                  
                  
      
      
      
